SMART WORKING e CORONAVIRUS: prospettive e criticità.

di Bruno avv. Bellisai

Quella che si presentava come una strada obbligata per continuare l’attività economica durante la pandemia da Covid-19, si rivela essere un’importante novità per ristrutturare e riorganizzare il mondo del lavoro.

La recente notizia che un’impresa come Eni, con 21 mila dipendenti in Italia, programmi di adibire il 35% degli stessi in Smart working anche dopo la cessazione della pandemia in corso, dà l’idea di quali scenari si prospettano in un prossimo futuro. 

Il lavoro agile (L. n. 81 del 2017) e la ristrutturazione delle imprese

Il lavoro a distanza è visto in principalità come occasione per ridurre i costi, soprattutto strutturali (uffici, mobilio, mense e gestione interna del personale); e sicuramente a tale scopo il lavoro impiegatizio di tipo amministrativo è il più indicato, mentre mansioni rigorosamente tecniche meno si adattano.

Ai lavoratori agili viene inoltre garantita la parità di trattamento economico e normativo rispetto ai colleghi che eseguono la prestazione lavorativa con modalità ordinaria.

Certo è che la diffusione del lavoro agile determinerà una maggiore flessibilità del lavoro e dei relativi tempi, con forte ricaduta positiva anche in ambito ambientale.

Lo Smart working è positivo sotto tutti gli aspetti?

Naturalmente no: non vanno, infatti, sottaciute alcune delicate problematiche che il lavoro agile comporta:

  • l’applicazione delle disposizioni in materia di sicurezza sul lavoro
  • Il contributo dell’azienda ai costi legati alla connettività
  • L’idoneità degli spazi domestici adibiti ad ufficio
  • Il diritto alla disconnessione (art. 19 della L. 81 del 2017)
  • Sicurezza dei dati aziendali, gestiti e utilizzati all’esterno

Tali aspetti presentano notevoli criticità e dovranno essere oggetto di interventi normativi e regolamentari.