Category: Diritto Penale

Violenza contro le donne: come salvarsi?

di Nicoletta avv. Capone

Oggi, 25 novembre, nella giornata mondiale contro la violenza sulle donne è l’occasione per parlare di un argomento, purtroppo, molto attuale. Tuttavia, si vuole in questo articolo non solo denunciare l’aumento dei “casi”, bensì come poter contrastarne di nuovi e poter intervenire attivamente.

Il 9 agosto 2019 è entrata in vigore la legge 19 luglio 2019, n. 69 recante “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere”, nota come “Codice Rosso”.

L’articolo 9 prevede l’aumento della pena per il delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 del codice penale) e una fattispecie aggravata quando il delitto di maltrattamenti è commesso in presenza o in danno di minore, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità, ovvero se il fatto è commesso con armi; l’aumento della pena per il delitto di atti persecutori (art. 612-bis del codice penale).

Tra le principali novità, l’articolo 387 bis del codice penale, che disciplina il nuovo reato di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.

L’articolo 13 inasprisce le pene per i delitti di violenza sessuale (artt. da 609-bis a 609-octies del codice penale).

L’articolo 14, al comma 1, interviene sulle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale per inserirvi l’articolo 64-bis, in base al quale se sono in corso procedimenti civili di separazione dei coniugi o cause relative ai figli minori di età o relative alla potestà genitoriale, il giudice penale deve trasmettere, senza ritardo, al giudice civile copia dei seguenti provvedimenti, adottati in relazione a un procedimento penale per un delitto di violenza domestica o di genere: ordinanze  relative  a  misure  cautelari  personali, avviso  di  conclusione  delle  indagini preliminari, provvedimento di archiviazione, sentenza.

Gli ulteriori commi dell’articolo 14 modificano il codice di procedura penale con la finalità di ampliare la tutela delle vittime dei reati di violenza di genere e molto altro.

Pur essendoci molti strumenti a disposizione per fermare la violenza contro le donne, il problema di fondo rimane di tipo culturale; diventa necessario educare, in primis in famiglia, al rispetto di se’ e del prossimo in quanto essere umano: insieme possiamo farcela!

Ognuno di noi ha il dovere di celebrare questa ricorrenza come meglio sa fare: leggendo, parlandone, riflettendo su quanto ancora si può fare per impedire il femminicidio, lo stupro, la violenza fisica e morale contro tutte le donne.

Violenza contro le donne: piaga a livello mondiale.

di Nicoletta avv. Capone

Le sorelle Mirabal

Il 25 novembre si ricorda la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.
La giornata fu istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite più di vent’anni fa in memoria delle tre sorelle Mirabal, dette Las Mariposas, attiviste politiche stuprate ed assassinate nel 1960 durante il regime di Trujillo nella Repubblica Dominicana.

Luoghi e dinamiche

Accanto alle violenze per ragioni politiche, etniche ecc., gli abusi nascono purtroppo anche all’interno della famiglia, nelle nostre case, quel luogo “sicuro” che, invece, improvvisamente diventa il più pericoloso. Le dinamiche della violenza subita inducono la donna ad una sorta di immobilismo, alimentato dalle promesse del partner di cambiare, dal timore di generare un’escalation di violenza, da insostenibili sensi di colpa dovuti alla convinzione di ‘essersi meritate’ quelle punizioni e dalla sensazione di non disporre delle risorse per affrontare il cambiamento necessario.

Si tratta, spesso, di rapporti sentimentali “malati” o, se preferite, relazioni patologiche dalle quali la donna non riesce da sola ad uscire per molteplici ragioni che hanno il più delle volte un denominatore comune: la
convinzione di essere disposta a sacrificarsi pur di essere salvifica e così, ad esempio, ripete a se stessa: “lui beve e per questo è violento, ma io lo farò curare”; oppure “ci sono i figli che hanno bisogno, comunque, di un padre e di una famiglia”.

Manipolazione psicologica

Questi atteggiamenti si insinuano pian piano nella relazione e finiscono così con l’essere accolti dalla donna, al punto da non essere più in grado nemmeno di vedere quanto le siano pregiudizievoli e minino alla radice la sua stessa identità. Al contempo la violenza psicologica causa una profonda sofferenza e parte del dolore provato dipende dal non riuscire a dare un nome a questo stato di grave disagio: la donna continua a sentirsi confusa e sofferente, ma senza capirne il perché.

La realtà dei fatti, invece, è che queste donne sono vittime di manipolazione da parte dei propri partners da lungo tempo ed a tal punto da non avere una consapevolezza del vero problema, della propria volontà e dei propri desideri.  La vittima di un soggetto abusante dubita di se stessa e dei suoi giudizi di realtà e diviene dipendente, annullando di fatto ogni possibilità di scelta autonoma. Si parla oggi di “gaslighting“.

Fenomeno in crescita

Il fenomeno della violenza sulle donne, a differenza di quanto – forse superficialmente – si ritiene, non è circoscritto alle realtà definite ‘disagiate’ o ‘chiuse’: è un fenomeno drammatico e diffuso in maniera assolutamente trasversale rispetto ad età, etnia, credo religioso, ceto sociale, di appartenenza, ecc.

Secondo il rapporto dell’OMS è dimostrato che l’abuso fisico e sessuale è un problema anche sanitario visto che colpisce oltre il 35% delle donne in tutto il mondo ed è inflitto, in primis, dal partner per il 30%, il che lo rende orribile vista la vicinanza e la fiducia, in questo caso, mal riposta.

In Italia, ad esempio, secondo l’osservatorio del Ministero della Salute, “presso alcuni Pronto soccorso in Italia si sta sperimentando un percorso speciale per chi subisce violenza, contrassegnato da un codice rosa, o uno spazio protetto, detto stanza rosa, in grado di offrire assistenza dal punto di vista fisico e psicologico e informazioni sotto il profilo giuridico, nel fondamentale rispetto della riservatezza.”
(fonte /portale/donna/dettaglioContenutiDonna.jsp?lingua=italiano&id=4498&area=Salute donna & menu = societa)

#iorestoacasa e abusi domestici

Anche la quarantena forzata per rispetto delle restrizioni anticontagio da Coronavirus adottate dai Governi di tutto il mondo ha aggravato notevolmente il problema. Secondo il rapporto ONU c’è stata un’impennata di violenze e abusi sulle persone più vulnerabili: lo stare a stretto contatto col proprio aggressore durante il lockdown ha portato ad un aumento delle richieste di aiuto del 73%, solo in Italia (dati ISTAT), rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso; il 45,3% delle vittime teme per la propria incolumità o per la propria vita; 30 sono le donne uccise da gennaio a maggio 2020.

Lavoro e CORONAVIRUS: responsabilità penali per inosservanza norme.

di Nicoletta avv. Capone


In realtà, nulla di nuovo sotto il sole, eccetto il Coronavirus.  

Il decreto Cura italia* considera il contagio da coronavirus in ambito di lavoro come un infortunio meritevole di ricevere la copertura assicurativa Inail.  L’Inail, dal canto suo, ha precisato** che le malattie infettive e parassitarie, come il Coronavirus, sono inquadrate nella categoria degli infortuni sul lavoro e, come tale, pone un potenziale profilo di responsabilità penale per il datore di lavoro che non abbia adottato le misure necessarie a prevenirne il rischio.

Responsabilità del datore di lavoro in tempo di coronavirus.

Il datore di lavoro che non osserva le norme antinfortunistiche è punibile***. Tale condotta omissiva ha rilevanza causale solo rispetto a quei soggetti che, come i datori di lavoro, rivestono una posizione di garanzia, ossia hanno l’obbligo giuridico di impedire il verificarsi dell’evento lesivo, in virtù della particolare relazione che li lega al bene protetto. 

In sostanza, per il datore di lavoro – che per legge ha l’obbligo giuridico di evitare che il lavoratore si ammali nell’ambiente lavorativo – non impedirlo equivale a cagionarlo.

Fattispecie dolose possibili?

Verosimilmente il datore di lavoro si troverebbe a rispondere del reato di lesioni  colpose di cui all’art. 590 c.p. oppure di omicidio colposo ai sensi dell’art. 589 c.p. qualora al contagio sia seguita la morte, con l’aggravante di aver violato le norme antinfortunistiche (art. 590, comma 3, c.p.) o comunque di non aver adottato tutte le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica sono necessarie a tutelare l’integrità psicofisica dei lavoratori.

La normativa statale di riferimento è il Testo Unico Salute e Sicurezza sul lavoro (D. Lgs. n. 81/2008 e sue successive integrazioni e modificazioni) il quale coordina tutte le norme in materia di salute e di sicurezza dei lavoratori nel luogo di lavoro e stabilisce una serie di interventi da osservare per il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori.

Ora, posto che l’infezione da Coronavirus rientra nell’ambito delle malattie infettive e parassitarie, incombe sul datore di lavoro ai sensi dell’art. 2, comma 6, del DPCM 26 aprile 2020 l’obbligo di osservare il protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro, sottoscritto dal Governo e dalle parti sociali.

La semplice inosservanza di una delle norme del DPCM è sufficiente a determinare una responsabilità penale? 

La risposta è: forse no, ma è molto rischioso.

La particolare virulenza del Coronavirus comporta una notevole difficoltà di escludere altre possibili cause di contagio, quali la vicinanza ad altre persone positive in luoghi diversi quali la famiglia, negozi, luoghi di culto, mezzi pubblici, etc.

Pertanto, se è vero che spetta al lavoratore – e soprattutto alla Pubblica Accusa (art. 27 Cost.) – l’onere di provare “al di là di ogni ragionevole dubbio” che il contagio è avvenuto nell’ambiente di lavoro, è altrettanto inopinabile che il datore di lavoro si mette in una posizione di maggiore tranquillità processuale quando può dimostrare di aver adottato tutti i presidi indicati dalla legge per escludere ogni sua responsabilità.

Perché, allora, la previsione di una sanzione penale? 

Per ragioni di prevenzione generale: in altre parole, la difficoltà oggettiva di individuare con certezza pressoché assoluta il luogo del contagio da Coronavirus non deve costituire motivo di inosservanza od anche solo di allentamento delle misure protettive da parte del datore di lavoro, che l’obbligo giuridico ed ancor prima morale di proteggere i propri lavoratori.

*art. 42, comma 2 del D.L. n. 18 del 17 marzo 2020

**circ. n. 13 del 3 aprile 2020 

***dell’art. 40, comma secondo del codice penale